Svetlana Khorkina, la diva immortale

Le stelle sono dentro di noi. L’azoto del DNA, le sostanze veicolate dal sangue, quella “polvere” che innesta il processo «quia pulvis es, et in pulverem reverteris», proviene da lontano, da molto lontano; ha attraversato il vuoto che separa le galassie, ha percorso centinaia di migliaia di anni luce per infine riunirsi, compressa dalla sua stessa gravità. Forse per questo in alcuni individui sboccia qualcosa di speciale, di alieno. Sarà per via di quella polvere che le stelle a volte splendono pure sulla terra, luminose e scultoree seppur incapaci di integrarsi fino in fondo, di sanare quell’inconciliabile spazio che a volte abbaglia, infastidisce quasi, finché destinate a cadere lasciano una scia di inconsolabile nostalgia. Svetlana Khorkina andò oltre. Le gambe interminabili ne fecero la ginnastica capace di sconvolgere ogni principio gravitazionale su cui si reggeva la disciplina, la personalità intangibile diede forma alla diva capace di catalizzare su di sé l’attenzione, sempre e comunque, nel bene e nel male. Dalla presunzione più sfacciata alle lacrime, dalla perfezione inverosimile alle cadute rovinose, tutto in Svetlana Khorkina era dramma. Un podio senza di lei era un frangente insulso. Perché Svetlana vinceva anche quando perdeva. Perché lei divenne la ginnastica artistica. E alla ginnastica artistica non rimase che rispecchiarsi in lei.

Svetlana Khorkina nasce a Belgorod, letteralmente «città bianca», il 19 gennaio del 1979. Sua madre, Lyubov, era un medico, mentre del padre Vasiliy si sa solo che lasciò la famiglia dopo la nascita della sua seconda figlia, Yulia. Non ne parlerà mai. Qualsiasi accenno a quella figura fantasma avrebbe provocato in risposta uno sguardo gelido, un’indifferenza che andava oltre al dolore di ogni inverosimile ricordo. Svetlana era una bambina magrissima, quasi scheletrica. Semplicemente non mangiava. Sua madre decise di iscriverla a un corso di ginnastica artistica alla Niznij Novgorod proprio per questo motivo: vuoi mai che il movimento non le procurasse un po’ di appetito. Aveva quattro anni quando vide un uomo in tuta che dimostrava già ottant’anni pur avendone cinquantacinque. La prima cosa che gli chiese è se poteva insegnarle a diventare brava come Svetlana Bahinskaja. Quell’uomo, quel padre putativo, risponde al nome di Boris Pilkin e non la abbandonerà mai.

«È così che è iniziato tutto». Con questa frase ha sempre chiuso i racconti su come lei e la ginnastica artistica divennero una cosa sola prima della sua esplosione planetaria. In realtà ci sarebbe tanto altro da dire. Quando alcuni allenatori della nazionale la vedono, dodicenne, rimangono abbagliati dal suo talento, ma con il suo metro e 65 centimetri la ritengono troppo alta per la ginnastica artistica e insistono affinché Pilkin la dirotti sulla ritmica. Svetlana però si dimostra irremovibile: lei intende proseguire con l’artistica e laddove l’altezza può rappresentare un limite intensificherà gli allenamenti, elaborerà routine innovative, fossero pure apparentemente impossibili, affinché forza, coordinazione, equilibrio, velocità, scioltezza e ritmo convergano al servizio dello stesso fine: diventare la migliore.

Quando si presenta al “Moscow World Stars“ ha appena tredici anni e si qualifica quinta solo a causa di alcuni errori alle parallele asimmetriche e alla trave. Ma c’è un perché: gli esercizi che presenta non solo sono impensabili per un’atleta juniores, non si erano mai visti. Era il 1992 e per quanto la giuria rimase spiazzata al cospetto della personalità di quella ragazzina che era un misto di dedizione e supponenza, forse nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui quegli esercizi avrebbero preso il suo nome: “Khorkina I”.

Entrata subito nel giro della nazionale, a quindici anni vince la medaglia di bronzo alle parallele e l’oro al volteggio alla “Coppa Chunichi”. Tempo due mesi e sbaraglia la concorrenza ai Campionati Russi assoluti. Lo scalpore che si crea intorno al suo nome si ingigantisce dopo i Campionati Europei di Stoccolma: oro alle parallele asimmetriche – con 9,987 punti – a cui si aggiungono due argenti nell’individuale e a squadre.

Certa di poter aspirare alla prima piazza ai Mondiali del 1994 – divisi tra Brisbane e Dortmund – deve invece accontentarsi di due argenti – al volteggio e alle parallele – e di un bronzo nella competizione a squadre. Per un’indole ambiziosa come la sua rappresenta una sorta di fallimento. Per questo motivo si rinchiude in palestra. Sostiene allenamenti estenuanti. Leggenda vuole che tante notti «le luci della palestra Niznij non si spegnessero».

Il primo oro ai Mondiali arriva nel 1995, a Sabae, in Giappone, quando quindicenne realizza un esercizio quasi perfetto sugli staggi che le frutta un punteggio di 9.900. Sarà l’inizio di un dominio lungo sette anni. Con il senno di poi risulta meno oltraggioso l’aggettivo «deludente» che utilizzerà per descrivere la medaglia d’argento nell’individuale.

Nel 1996 avviene il suo esordio alle Olimpiadi. Il 23 luglio, durante le qualificazioni Svetlana esegue un nuovo movimento alle parallele che lascia senza fiato giuria, pubblico e avversarie. Pure esso, un giorno, avrebbe preso il suo nome. Se il 24 luglio la squadra Russa deve accontentarsi, tra qualche polemica, del secondo posto, dietro alle padrone di casa, da lì a cinque giorni saluta i giochi di Atlanta con l’oro al collo alle parallele.

Nuovamente imbattibile alle parallele tanto agli Europei di Birmingham quanto ai Mondiali di San Juan del 1996 – a cui in Inghilterra si aggiunge l’ennesimo argento a squadre – nel 1997 avviene il primo cambio di Codice dei Punteggi, che durerà tre anni e che potenzialmente potrebbe sfavorirla ulteriormente. Eppure alla Coppa Chunichi vince l’oro alle parallele, l’argento alla trave, il bronzo nell’individuale e al corpo libero mentre ai Campionati Russi non ha rivali né nell’individuale e né alle parallele.

Russia’s Svetlana Khorkina performs on the uneven bars during the women’s gymnastics individual all-around final at the 2004 Olympic Games in Athens, Thursday, Aug. 19, 2004. (AP Photo/Kevork Djansezian)

Il bottino dei Mondiali di Losanna è straordinario: 2 ori nell’individuale e alle solite parallele e 3 argenti tra corpo libero, trave e squadre. L’unica competizione internazionale rilevante a cui partecipa nel 1998 sono i Campionati Europei di San Pietroburgo. Gioca in casa e non delude le aspettative dei connazionali diventando campionessa europea all-around con un complessivo alle parallele e al corpo libero, per quindi spingere la propria squadra fino all’argento. Svetlana non ha ancora 20 anni, ma è già diventata una leggenda. La sua bellezza androgina custodisce in sé qualcosa di spiazzante, e la sfacciataggine con cui, in Russia, pretende di utilizzare la musica dell’americanissimo Pulp Fiction per accompagnare le sue performance con la musica è una scelta al limite dello sconvolgente.

L’immensa popolarità che consegue a una copertina sul Playboy russo la costringe quasi a partecipare alle Universiadi di Palma di Mallorca dove azzanna quattro ori: dal concorso a squadre a quello individuale, dalle parallele asimmetriche al corpo libero. Non fosse che quel cambio di rotta della sua sempre metodica programmazione ne scombussola gli equilibri, rendendole i Mondiali di Tianjin il teatro di un incubo dato che, per quanto si dimostri pressoché inavvicinabile alle parallele, sarà lei, con una caduta dalla trave mentre eseguiva una serie acrobatica, a determinare le sorti dell’oro nella competizione a squadre vanificando un’intera gara al comando da parte della Russia. A inasprire ulteriormente le critiche nei suoi confronti sarà la «semplice» medaglia di bronzo al corpo libero, dove appare distratta, quasi svogliata. «Il suo limite è sentirsi onnipotente»; sentenziano coloro che mal digeriscono i suoi atteggiamenti da primadonna. Eppure durante la premiazione, la regia televisiva è sulla terza classificata che si sofferma.

La stella di Svetlana Khorkina torna a brillare in occasione degli Europei di Parigi dove si presenta in forma smagliante e conquista quattro medaglie d’oro: alle parallele, alla trave, nell’individuale e trascina letteralmente la Russia nella competizione a squadre.

Adorata dai francesi, la sofisticata Svetlana Khorkina è al contrario non troppo apprezzata in Australia. I Giochi Olimpici di Sydney 2000 ne sono una triste conferma. Se l’argento in cui venne rilegata la Russia nella competizione a squadre fu un insulto tale che la Khorkina e la Produnova mentre scendevano dal podio per le foto di rito, si levarono dal collo le medaglie; la gara individuale si rivelerà una macchia vergognosa per la fiamma olimpica. La verità è che Svetlana Khorkina si era presentata a Sydney in forma strepitosa e durante la prima rotazione già spaccava al primo posto con uno stratosferico 9.812 al corpo libero. Ebbene, come tutte le dive che si rispettino le sue performance avevano fama di essere un’escalation incontenibile: più la gara entrava nel vivo, più la russa si esaltava, quasi fosse dotata della capacità di assorbire le emozioni del pubblico e delle avversarie. In questa circostanza però cade malamente sia al volteggio che alle parallele asimmetriche. Mentre la Khorkina piange, inconsolabile sulla spalla di Pilkin, i detrattori già parlano di «viale del tramonto» senza però considerare un aspetto: Svetlana Khorkina è ormai un mito e tale la considerano alcune ginnaste; per questo Allana Slater si impunta affinché venga misurato il cavallo ed ecco che l’arcano viene svelato: era stato posto di 5 centimetri troppo in basso. Lo scandalo esplode in tutta la sua gravità: non è solo questione di aver tentato di sabotare una gara, un errore simile poteva costare la vita dell’atleta. La giuria offre a Svetlana la possibilità di ripetere l’esercizio, lei però, declina. Si rifà ottenendo l’argento al corpo libero e prendendosi l’oro alle parallele asimmetriche.

La leggenda di Svetlana Khorkina prosegue con la medaglia d’oro alle parallele asimmetriche e l’argento nel concorso individuale e al corpo libero ai Goodwill Games di Brisbane. I Campionati del Mondo di Ghent, nel 2000 si rivelano un trionfo al volteggio e alle parallele asimmetriche. A frapporsi tra Svetlana e l’oro al corpo libero sono due errori dettati dalla sua brama di protagonismo, da quella (in)sana presunzione che la spingono a pretendere da sé stessa prestazioni infattibili. L’argento a squadre è invece un piccolo miracolo, così come prodigioso si rivelerà l’oro al concorso individuale agli Europei di Patrasso dove eguaglia i titoli azzannati da Nadia Comaneci.

La preoccupante flessione avvenuta al Campionato del Mondo del 2002, dove un infortunio alla caviglia le impedisce di aggiudicarsi alcuna medaglia, viene cancellata nella cittadina californiana di Anaheim, dove diventa la prima ginnasta a vincere il terzo concorso individuale a un Campionato del Mondo. Quella che si presenterà all’ultimo Mondiale della sua carriera sarà però una Khorkina palesemente affaticata dai tanti infortuni e dalle ancor più gigantesche aspettative che accompagnano il suo nome. Ferita nell’orgoglio da alcune valutazioni e dolorante a una caviglia si qualifica per tre finali, ma all’ultimo momento decide di ritirarsi dalle ultime fasi.

Di fatto, la sua parabola mondiale finisce con 20 medaglie: 9 d’oro, 8 d’argento e 3 di bronzo. Altrettanto impressionante si rivelerà il bottino agli Europei, il cui ultimo step è rappresentato da due bronzi e un oro alle parallele in quel di Amsterdam 2004; per un totale di 13 medaglie d’oro, 5 d’argento e 2 di bronzo.

Il sipario sull’epopea di Svetlana Khorkina si chiude alle Olimpiadi di Atene. Se il tempo per Boris Pilkin sembra essersi fermato a quegli ottant’anni che dimostrava già due decadi prima, lei, la Diva, è ora un’entità di venticinque anni circondata da un alone di leggenda, eppure intimamente conscia della propria vulnerabilità. Se nella finale a squadre la Russia presenta ai nastri di partenza un organico troppo debole per andare oltre al bronzo, nell’individuale Svetlana è la grande favorita e il suo canto del cigno si trasfigura in un esercizio perfetto. La giuria emette però un verdetto a dir poco vergognoso che la piazza dietro a Carly Patterson di 0,176 punti. Se la Khorkina riassume l’ingiustizia affermando che: «Era tutto deciso in anticipo. In fondo, sono russa, non americana. Spero solo che in futuro nello sport ci sarà più posto per l’onestà»; l’indignato mondo della ginnastica, consapevole di essere ormai giunto a pochi passi dal perderla, chiede a gran voce un’uscita di scena della sovrana delle parallele con un oro. Il sogno sta per compiersi, ma all’ultimo passaggio, Svetlana Khorkina sbaglia una presa e cade. Le tre avventure olimpiche della Diva conoscono così la loro fine con 2 ori, 4 argenti e un bronzo che sommati a Mondiali ed Europei, issano il suo medagliere a quota 47, rendendola – orologio fermo a quel periodo – la ginnasta più decorata di sempre. L’unica ad aver lasciato in dono alla disciplina otto elementi da lei creati – tre alle parallele asimmetriche, due al volteggio, due alla trave e uno al corpo libero – ancora oggi inclusi nel Codice dei Punteggi e che portano il suo nome; Khorkina-Chow, Markelov-Khorkina, Khorkina I e Khorkina II.

«È così che è finito tutto»; disse lei, con quella punta di cinismo un po’ disturbante, così facile da fraintendere. Troppo presi a giudicare la grandezza delle sue imprese, a soppesare la portata delle sue sconfitte, ad ammirare la lucentezza della stella, a venerare o disprezzare la figura della Diva, tutto il resto, era diventato scontato. Nell’immaginario collettivo Svetlana Khorkina era ormai la ginnastica artistica, era il simbolo della sfida perpetua, del tormento incessante e quella disperata ambizione, quella forza di volontà incrollabile, quella ricerca di perfezione, la spinsero oltre a ogni umana comprensione. Inevitabile epilogo di una donna che non lottò per il successo, aspirò alla gloria; che non si accontentava delle vittorie, voleva l’immortalità.