Victoria’s Secret, gli angeli caduti dal paradiso

Correva l’anno 1977 quando il trentenne Roy Raymond, con in mano una laurea conseguita presso la Stanford University, tanti sogni nel cassetto e una moglie amata e bellissima, Gaye; indispettito ogni qual volta entrava in store di lingerie per acquistare qualcosa da regalare alla consorte dove immancabilmente trovava pezzi non di suo gradimento, si fece prestare 40.000$ dai genitori e altrettanti da una banca ed aprì un piccolo negozio di biancheria intima all’interno dello Stanford Shopping Center di San Francisco. Decise di chiamarlo Victoria’s Secret. Nell’arco di un anno guadagnò 500.000 dollari. Questo successo lo ingolosì tanto da finanziare l’apertura altri quattro store, estesi a sei dopo una manciata di stagioni, e offrire un servizio di spedizione, arrivando a fatturare 6.000.000 di dollari annuali. Al che, mollò tutto, vendette il marchio a Leslie Wexner e, da quel momento, non ne azzeccò più una, a partire dalla bancarotta segnata dalla sua società, la “My Child’s Destiny”, fino al suicidio, avvenuto nell’agosto del 1993 quando si buttò dal Golden Gate Bridge.

Nello stesso anno, Leslie Wexner avrebbe rinnovato Victoria’s Secret tirando una croce sopra alla biancheria maschile per dedicarsi esclusivamente a quella femminile. La Wexner pensò a un vero e proprio restyling: propose modelli più audaci, caratterizzati da colori più vivaci, aggiunse una linea di cosmesi e profumi, ma soprattutto creò il “modello angelo”, ossia una donna da sogno da proporre, da imporre, tramite un marketing serrato, tanto da poter contare su un Fashion Show preparato su misura. La prima volta avvenne nel 1995 all’Hotel Plaza di New York. San Valentino era alle porte ed a sfilare furono le super top model di quegli anni d’oro: Naomi Campbell, Helena Christensen, Karen Mulder e Stephanie Seymour. L’anno dopo si aggiunsero Heidi Klum, Laetitia Casta, Tyra Banks e Claudia Schiffer. Tanto bastò perché le TV yankee drizzassero le antenne e decidessero di accaparrarsi i diritti per la messa in onda. Il primo spot avvenne nel 1999, in occasione del Super Bowl. E i negozi toccarono quota 346.

Il nuovo millennio vide la luce con il battesimo di colei che diverrà “l’angelo per eccellenza”: Adriana Lima. In un mondo ormai orfano delle leggende che avevano calcato le passerelle negli anni ’90; l’allora diciannovenne Adriana Lima divenne la speranza a cui aggrapparsi. Victoria’s Secret andò oltre: la rese un’icona insostituibile e ineguagliabile, a cui affiancare negli anni una generazione di angeli che pur ritagliandosi spazi di notorietà planetaria, furono tutte accomunate dallo stesso, identico destino; ovvero di rimanere sovrastare dall’onda di Adriana Lima. Bombe sexy, fisici statuari, lineamenti sofisticati, dal classico allo spiazzante, dall’appariscente all’etereo; Victoria’s Secret si propose di incantare il mondo. E ci riuscì.

Tra i tanti angeli di Victoria’s Secret un posto speciale lo avrebbero ricoperto altre due fuoriserie brasiliane quali Alessandra Ambrosio e Isabeli Fontana, la sudafricana Candice Swanepoel, le sorelle Gigi e Bella Hadid, la britannica Taylor Hill, le californiane Lily Aldridge e Kendall Jenner, le cinesi Liu Wes e Sui He, la carismatica Janiece Dildone, le russe Kate Grogorieva prima e Irina Shayk dopo, la neozelandese con la passione per il cinema Georgia Fowler, la portoghese Sara Sampaio, l’olandese Romee Strijd, la svedese Elsa Hosk, fino alla splendida Stella Maxwell, forse l’unica a poter ambire al titolo di erede della regina Adriana. 

Se Victoria’s Secret aveva negli anni assunto i connotati di status symbol, lo show di fine stagione – tenutosi principalmente al New York Armony, ma che ha annoverato tappe anche al Cipriani Wall Street Restaurant, sempre a New York, il Kodak Theatre di Los Angeles, il Earls Court di Londa e il Gran Palais di Parigi; fino a toccare un budget di 12.000.000 di dollari e che ha visto accompagnare le modelle a star della musica quali Lady Gaga, Rita Ora, Justin Timberlake, The Weeknd, i Maroon Five, Bruno Mars – era diventato un classico irrinunciabile. 

L’annuncio che nel 2019 lo Show non avrà luogo e che il brand sta riflettendo sul format e sui canoni beauty da proporre ha indubbiamente creato non poco scalpore. In parole povere, quegli angeli perfetti per l’inizio del nuovo millennio, non sono più così perfetti alla soglia del 2020. La rivolta delle donne normali, ossia la maggior parte della popolazione, le figlie delle visionarie che evidentemente nei primi anni ’90 si credevano Kate Moss o Linda Evangelista ha preso forma nel momento in cui i movimenti Body Positive e #MeTOO hanno invaso le case e la mente del popolo femminile, rendendole improvvisamente consce che non c’è photoshop, applicazione scaricabile a $5,99, o effetto glow che tenga, Adriana Lima o Stella Maxwell sono modelli irraggiungibili. 

Uno, due tre, e le modelle di Victoria’s Secret sono state additate come troppo magre, troppo stereotipate, troppo depilate (!), troppo donne, o meglio donne al servizio dell’immaginario maschile. Se nel 2011 fece scalpore l’indagine svolta dal sito americano Bloomberg, che avrebbe dimostrato che molto del cotone biologico utilizzato capi dei pezzi di Victoria’s Secret, è in realtà per la maggior parte frutto del lavoro di aziende che sfruttano il lavoro minorile in Burkina Faso; la dichiarazione rilasciata a Vogue dal Chief Management Officer Ed Razek, in risposta all’osservazione su come lo Show non avesse mai incluso modelle plus size o trans; insomma quel «sono poco adatte per una sfilata di fantasia»; ha generato vero e proprio sdegno. Per calmare le acque, i pezzi grossi del brand sono corsi ai ripari, facendo sfilare la modella trans brasilera Valentina Sampaio; ma di fatto, ormai, qualcosa si era inceppato e, dati alla mano, le vendite di capi firmati Victoria’s Secret sono collate del 45% nell’arco di appena due anni.

Caso vuole che quello che potrebbe essere l’ultimo Fashion Show di Victoria’s Secret, svoltosi l’8 novembre 2018, ha coinciso con l’addio alle passerelle di Adriana Lima, ormai trentasettenne, mamma di due bambine, che ha deposto le ali tra le lacrime. Se parlare della fine di un’epoca è eccessivo, di certo il mondo sta cambiando e anche Victoria’s Secret dovrà adeguarsi. Non basterà spingere la nuova linea Pink, né raddrizzare il tiro sul problema gender, né immortalare qualche smagliatura visibile nelle gambe delle modelle pur sempre fuori dall’ordinario. Il coraggio dimostrato da Victoria’s Secret di non piegarsi alpolitically correct”, non è stato premiato, ma i suoi angeli caduti dal paradiso, continueranno a volare, inaccessibili e perfetti.

Stella Maxwell