Harry Houdini, il visionario della magia

«Se c’è un modo per tornare indietro dall’aldilà, io lo troverò».

La smania di incantare le folle, di regalare un sogno ad occhi aperti, di evadere da carceri e miseria, di scardinare manette e miraggi, di emergere da casse sommerse e utopie. Primordiale era la passione che avvicinava Harry Houdini a ogni sfida; si trattasse di un gioco di prestigio, di un trucco da mago, di una traversata da aviatore, di una prova da cineasta; quanto ancestrale era l’amore che lo legava alla madre; tanto da avvicinarlo al mondo dello spiritismo, da desiderare di uscirne sconfitto, per una volta almeno, affinché qualcuno dimostrasse che esiste un aldilà abitato da spiriti, un luogo in cui la magia non è in balia ad abilità, bensì di forze occulte, superiori, persino a lui stesso. 

È il 24 marzo del 1874 quando a Budapest Cecilia Weisz, moglie del rabbino Mayer Samuel Weisz, dà alla luce un bambino battezzato con il nome di Ehrich. Secondo di sette fratelli, nonché secondogenito del secondo matrimonio del padre; a quattro anni sale a bordo della SS Fresia insieme alla famiglia per quindi raggiungere gli Stati Uniti, precisamente Appleton, in Wisconsin, in un’area attualmente conosciuta come Houdini Square. Per renderli più affini allo spirito della nuova patria, il capofamiglia decide di modificare i cognomi di tutti i componenti in Weiss, mentre per quanto riguarda Ehrich di cambiargli anche il nome, in Erik. Sono però tante le barriere culturali e ancor di più le differenze tra il prestare servizio nella comunità ebraica dell’impero austro ungarico e lavorare per l’ordine riformato di Sion in America che, nel 1882, il rabbino Weiss si ritrova senza una occupazione. Caduta in estrema povertà, la famiglia si trasferisce quindi a Milwaukee, dove rimane per cinque anni. Morbosamente legato alla madre e profondamente urtato dalla impossibilità del padre di garantirle una vita dignitosa, sin da bambino Erik svolge svariati lavoretti da garzone; seppure a fargli ritrovare in mano una cifra consistente sarà improvvisarsi trapezista per un circo itinerante ad appena nove anni. Quando la situazione degenera ed il padre si ritrova costretto a tentare la fortuna a New York, Erik lo segue e preso alloggio in una pensione sulla 79esima strada, per respingere la nostalgia della madre, si accontenta di qualsiasi lavoro che gli venga proposto fino a convincere il padre di trovare il coraggio per avviare una piccola attività che, pur non risollevandoli da una condizione ai limiti dell’indigenza, da lì a due stagioni, permetterà al nucleo familiare di ricongiungersi.

È in quegli anni difficili che in Erik prende forma una intimissima ossessione: far apparire come vere cose irreali. Trovato il modo di intrufolarsi nel Pastime Athletic Club, entra in contatto con il mago Joseph Rinn da cui cerca di carpirne trucchi e abilità. Incapace di sradicarsi da quella condizione di autodidatta i suoi saranno però esordi difficili. Corre l’anno 1891 quando inizia a esibirsi in piccoli numeri in musei e spettacoli collaterali da 10 centesimi, arrivando persino a recitare il ruolo di “uomo selvaggio” in un circo. Il successo modesto non gli impedisce di cambiare nome in Harry Houdini – un tributo al mago francese Jean Eugène Robert-Houdin – e di proseguire il proprio percorso coinvolgendo anche il fratello Theodore. E saranno proprio impegnati ad esibirsi insieme quando nel 1894, a Coney Island, i due fratelli restano folgorati da Beatrice “Bess” Rahner, anch’ella illusionista. Inizialmente corteggiata da Theodore, dopo tre settimane sarà però Harry a sposarla, con Bess che rimpiazza il primo spasimante in un numero destinato a divenire noto come “The Houdinis”.

Se a procurar loro il vil denaro erano semplici giochi di carte e altre arti di prestigio tradizionali; la svolta per Harry Houdini arriva nel 1899 quando a St. Paul, in Minnesota, incontra il manager Martin Beck che, impressionato dal numero di Houdini con le manette, gli consiglia di concentrarsi sugli atti di fuga ed evasioni; inserendolo nel circuito di spettacoli di vaudeville dell’Orpheum. Fu così che nel giro di pochi mesi si esibì nei teatri più rinomati degli Stati Uniti, mentre nel 1900 la moglie riuscì persino ad organizzare una tournée in Europa. Dopo alcuni giorni di interviste infruttuose a Londra, l’agente britannico di Houdini, Harry Day, gli organizza un incontro con C. Dundas Slater, allora direttore del Teatro Alhambra. Questa catena di pubblic relations fa sì che, presentato a William Melville, sia organizzata una dimostrazione di liberazione dalle manette niente meno che a Scotland Yard sconcertando dal primo all’ultimo poliziotto presente. Da quel momento il suo cachet è lievitato, tanto che, messo sotto contratto per sei mesi all’Alhambra, Harry arriva a guadagnare  $ 300 a settimana, equivalente circa ai $ 9.000 odierni.

Tra il 1900 e il 1920 Harry Houdini apparve nei teatri di tutta la Gran Bretagna, ma anche nei più prestigiosi palcoscenici di Olanda, Germania, Francia e Russia, liberandosi da manette, catene, corde e camicie di forza, facendo acrobazie all’aperto, fino ad arrivare ad immergersi nell’acqua legato per quindi riemergere sano e salvo sotto agli occhi di centinaia di spettatori increduli. Ovunque Houdini ha sfidato la polizia locale a trattenerlo con catene e rinchiuderlo nelle loro prigioni. Sempre è stato spogliato, perquisito e immancabilmente sfuggito. A Mosca, è scappato da un furgone di trasporto della prigione siberiana, sostenendo che, se non fosse stato in grado di liberarsi, sarebbe giunto fino in Siberia, dove era custodita l’unica chiave. Avvenne anche qualche imprevisto. A Colonia, fu citato in giudizio da un agente di polizia, tale Werner Graff, che affermò che il mago sarebbe scappato tramite corruzione. Disse il falso e, offeso anche solo dal dubbio mosso, Houdini volle dimostrare al giudice di essere in grado di aprire la sua cassaforte in meno di cinque minuti.

Divenuto ricchissimo, riuscì a farsi raggiungere più volte a Londra dalla madre e per lei acquistò un abito che si dice fosse stato fatto per la regina Vittoria. In effetti, Harry considerava la madre al pari di una regina tanto che, ogni qualvolta rimetteva piedi negli Stati Uniti organizzava dei ricevimenti in suo onore in seguito definiti «i giorni più felici della mia vita». 

Ormai consacrato a illusionista più celebre del mondo, a causa degli imitatori, Harry Houdini si lasciò alle spalle il “gesto delle manette” ed il 25 gennaio 1908 si impegnò per la prima volta ad uscire da un barile di latte chiuso e pieno d’acqua. Non pago, negli anni successivi decise di ampliare il suo repertorio, incrementando sempre nuove sfide per le sue liberazioni, invitando il pubblico a escogitare congegni per trattenerlo. Questi includevano casse da imballaggio inchiodate – a volte calate nell’acqua -, caldaie rivettate, lenzuola bagnate, sacchi per la posta e persino il ventre di una balena che era arrivata a riva a Boston. Estremamente goliardica fu la trovata di un gruppo di birrai di Scranton, in Pennsylvania, che lo sfidarono a scappare da un barile dopo averlo riempito di birra.

L’instancabile Houdini, verso il 1908 scrisse una raccolta di articoli sulla storia della magia, poi ampliati in un vero e proprio libro in cui attacca il suo ex idolo Robert-Houdin definendolo un bugiardo e un imbroglione. Risale invece al 21 settembre 1912, in quel di Berlino, la presentazione di quello che è il suo numero più famoso: la cella della tortura cinese dell’acqua, in cui rimaneva sospeso a testa in giù in una cassa di vetro e acciaio piena d’acqua e chiusa a chiave. Altrettanto sconcertante era considerato il suo numero della camicia di forza: inizialmente eseguito dietro un sipario, da cui lui balzava fuori libero, si rese conto che il pubblico era molto più affascinato dal vederlo lottare per liberarsi.

Durante quegli anni frenetici divenne presidente della “Society of American Magiacians”. Fondata il 10 maggio 1902, nella stanza sul retro del negozio di magia di Martinka a New York, la Società si espanse sotto la guida di Harry Houdini durante il suo mandato di presidente nazionale dal 1917 al 1926, creando una rete nazionale ampia e unificata di maghi professionisti e dilettanti. Ovunque andasse, dava un lungo discorso formale al club di magia locale, teneva convegni e di solito organizzava un banchetto per i membri a proprie spese.

Erano molteplici gli interessi di Harry. Affascinato dall’aviazione, acquistò un biplano Voisin francese per $ 5.000 – equivalenti agli odierni $ 137.196 – assumendo pure un meccanico a tempo pieno, Antonio Brassac. Dopo essere caduto una volta, ha effettuato il suo primo volo di successo il 26 novembre 1909 ad Amburgo, in Germania. Quando intraprese la sua tournée in Australia, portò con sé il suo biplano Voisin con l’intenzione di essere la prima persona in Australia a volare. Non sorprende quindi che il 18 marzo 1910 fece tre voli a Diggers Rest, Victoria, vicino a Melbourne. All’epoca fu riferito che questo era il primo volo aereo in Australia, e un secolo dopo, alcuni importanti organi di stampa lo accreditano ancora di questa impresa. Molto probabilmente il pioniere dell’aviazione aussie fu invece un certo Rochard Pearse.

Altrettanto potente era la sua passione per il cinema:  risale al 1906 un suo cortometraggio, andato perduto, intitolato “Houdini Defeats Hackenschmidt”; il quale doveva presentare la sfida con quello che era un famoso lottatore di quell’epoca. Nel 1909, realizzò invece un film a Parigi per Cinema Lux intitolato “Merveilleux Exploits du Célébre Houdini à Paris” contenete suoi numeri più noti. Nello stesso anno ricevette un’offerta per interpretare il Capitano Nemo in una versione silenziosa di “20.000 leghe sotto i mari”, ma il progetto non fu mai girato. Nel 1918 Houdini firmò invece un contratto con il produttore cinematografico B. A. Rolfe per recitare in una serie in 15 parti, “The Master Mystery”. Nonostante le difficoltà finanziarie portarono alla chiusura degli affari della BA Rolfe Productions, “The Master Mystery” spinse Houdini a firmare un contratto con la Paramount Pictures, per la quale realizzò due film, “The Grim Game” e “Terror Island”. Gli storici del cinema hanno considerato il film perduto, ma una copia pare sia rimasta per decenni nascosta nella collezione di un collezionista privato noto solo a un piccolo gruppo di maghi. Dopo un soggiorno a Los Angeles, Houdini è tornato a New York e ha fondato la sua società di produzione cinematografica chiamata “Houdini Picture Corporation” per cui ha prodotto e interpretato due film, “The Man from Beyond” e “Haldane of the Secret Service”. 

Ma nella sua mente geniale si stava facendo largo un altro chiodo fisso: il mondo dell’occulto. Straziato dalla morte della madre, fu questo lutto inconsolabile ad avvicinarlo al mondo dello spiritismo. Al che, a partite dal 1923, Houdini rivolse le sue energie allo smascheramento di sensitivi e medium. La preparazione tecnica di Houdini nelle arti della prestidigitazione gli permise di svelare frodi che avevano ingannato scienziati e accademici. Divenuto un membro del comitato di Scientific American che offriva un premio in denaro a chiunque avesse saputo dimostrare di possedere capacità soprannaturali.  Grazie a lui il premio non fu mai ritirato. Iniziò poi a frequentare sedute spiritiche in incognito, accompagnato da un reporter e da un ufficiale di polizia. La più famosa medium che cercò di smascherare fu Mina Crandon, nota col nome di Margery. Eppure, nonostante riuscì a riprodurre alcuni effetti delle sedute; altri rimasero inspiegabili persino a lui; come ad esempio la comparsa della seconda mano ‘teleplasmica’ della donna. Quest’attività costò a Houdini l’inimicizia di Sir Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes che si era avvicinato allo spiritismo dopo la morte del figlio in guerra e pensava che Houdini stesso avesse facoltà paranormali e non lo volesse ammettere. Come se non bastasse la moglie di Doyle, Jean Elizabeth Leckie, si riteneva medium. Per dimostrarle le sue doti, la donna tentò di mettere Houdini in contatto con la madre, ma l’illusionista si ostinò a non accettare quelle dimostrazioni.

L’11 ottobre del 1926 si ruppe una caviglia durante uno spettacolo, ma nonostante il parere dei medici continuò ad esibirsi. Il 22 ottobre, prima di una esibizione al Princess Theater di Montreal, fu raggiunto nel camerino da alcuni studenti. I resoconti dei testimoni, gli studenti Jacques Price e Sam Smilovitz sostengono che un loro collega, J. Gordon Whitehead, avrebbe chiesto a Houdini se credeva nei miracoli della Bibbia e se fosse vero che i pugni nello stomaco non gli facevano male. Houdini invitò quindi Whitehead a colpirlo più volte fino a fermarlo nel bel mezzo dell’ennesimo pugno. Dopo essersi esibito con grande dolore, non riuscì a dormire e continuò a soffrire per i due giorni successivi. Finalmente visitato da un medico, oltre alla febbre a 39 gli venne diagnosticata una appendicite acuta. Ignorato il consiglio di sottoporsi a un intervento chirurgico, decise di continuare gli spettacoli. Houdini arrivò al Garrick Theatre di Detroit, Michigan, il 24 ottobre 1926, per quella che sarebbe stata la sua ultima esibizione. Con una febbre superiore ai 40, Harry Houdini svenne durante l’esibizione e, rianimato, terminò lo show. 

Mentre si rincorrevano le voci su una vendetta degli spiritisti, ormai in peritonite, Harry Houdini venne ricoverato al Grace Hospital di Detroit, dove sarebbe morto alle 13,26 del 31 ottobre 1926. Quasi fosse attirato dall’ultima sfida, prima di morire concordò un codice con la moglie: con quelle parole, note solo a lei, un medium potrà dimostrare di essere in contatto con lui nell’aldilà. Dopo il funerale,  tenutosi il 4 novembre a New York e a cui parteciparono oltre 2.000 persone, venne sepolto accanto all’adorata madre al Machpelah Cementary, nel quartiere del Queens, con il simbolo della Society of American Magicians scolpito nella pietra.

Moltissimi medium e spiritisti tentarono l’impresa di evocare lo spirito di Harry. Se lo smascherato Nino Pecoraro si lasciò andare in spettacoli con il solo scopo di deridere lo scomparso; Arthur Ford, disse proprio il codice segreto concordato con Bess. La vedova rimase però fedele alla linea del marito: quel codice ruotava intorno alla loro canzone preferita, “Rosabelle” e, a suo dire, quel aneddoto era conosciuto a molti. Eppure, ogni notte di Halloween, per i successivi dieci anni, Bess tenne una seduta spiritica per verificare il patto finché, nel 1936, dopo un’ultima fallimentare seduta sul tetto del Knickerbocker Hotel di Los Angeles, la donna si arrese e spense la candela. E forse, tale era la rassegnazione che la morte non fosse essa stessa un’illusione, per la prima volta la pace eterna lo accolse.