Marco Pantani, il Profeta
«Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia».
La pedalata fluida anche nei frangenti in cui era richiesto il massimo sforzo. Lo stile inconfondibile, plastico ma al tempo stesso carico di personalismi; mani nell’impugnatura bassa, quei fuori sella istintivi, feroci, mai frutto di un calcolo, eppure misteriosamente calibrati, un’alternanza di equilibri, di assoli esplosivi eseguiti con una dolcezza contraddittoria. La sensazione di essere implacabile, indomabile, irraggiungibile. L’impressione che quando decideva di scattare non ce ne fosse più per nessuno. Poi c’era quel volto senza filtri. Il tratti di un uomo costantemente in bilico tra fragilità e durezza, dove timidezza, ardore, coraggio, tormento, passione si mescolavano dando vita a un miscuglio capace di far vibrare il sangue, da spezzare il cuore e subito ricomporlo, fosse solo per assistere un’altra volta ancora allo spettacolo che esercitava Marco Pantani mentre conquistava una montagna, per vderlo fuggire tutto solo lassù, dove ogni cosa diventava crudele e poetico insieme.