Anastasia Myskina, tra logica e sentimento

Ciò che più impressionava di quella bambina era l’impegno, la dedizione che ci metteva. Un’ostinazione condita da un pizzico di sana cattiveria, una caparbietà che rasentava l’accanimento. Anastasia Myskina arriva allo Spartak Mosca quando ha appena sei anni. Rauza Islanova, moglie del presidente del Circolo Mikhail Safin, nonché madre dei futuri numero uno del mondo Marat e Dinara, rimane impressionata sin da subito dalla piccola Anastasia: sorprendentemente tonica e instancabile nella sua magrezza. Qualsiasi cosa le si chieda di fare in campo, sia un birillo da colpire, siano un tot di palline consecutive da direzionare in una determinata porzione del rettangolo di gioco, finché non riesce nell’intento, non c’è verso di schiodarla dalla riga di fondo. Così diversa dalla sua coetanea Anna Kournikova, più talentuosa certo, ma non altrettanto perseverante, priva di quel killer instict che invece sembra possedere Anastasia. Per questo Rauza Islanova non ha dubbi: quella che arriverà per davvero sarà Nastya.

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Aria di Fed Cup, le emozioni non mancano mai

«Non ci sono più le finali di Fed Cup di una volta», direbbe qualcuno. Qualcun altro lo sussurra. Non proprio con queste identiche parole, ma il senso è quello. Arrivo all’ingresso del Tennis Club Cagliari e una vispa signora sulla settantina mi invita a uscire, a svoltare a destra, poi nuovamente a destra, di arrampicarmi su una leggera salita, per infine girare per l’ennesima volta a destra, fino a raggiungere la Welcome Area. Una circumnavigazione del Circolo lunga 300 metri, seppur distante in linea d’aria al massimo 50 dall’ingresso. Non molto logico, come forse non lo è che a ritirare l’accredito davanti a me ci sia Matt Cronin; un istrione, un guru.

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