La bellezza salverà il tennis?

«La bellezza salverà il mondo». L’insoluto disaccordo che da oltre cent’anni divide i saggisti nell’interpretare questo passo proveniente dal capolavoro di Fedor Dostoevskij, “L’idiota”, ha ingigantito l’ambiguità in esso celata. Questa misteriosa frase, che appare nel testo originale sotto forma di domanda e non di affermazione, scritta nella lingua del romanziere russo, lo slavo ecclesiastico, ne accresce la doppiezza in quanto il termine “Mir” in russo può significare sia mondo che pace intingendo la parola “krasotà”, bellezza, di un valore che la lega imprescindibilmente al bene, alla bontà.

Il Roland Garros ha incornato per la decima volta Rafael Nadal, il Re Sole, un eroe poliedrico spinto da una commuovente abnegazione, forgiato da un mix di talenti talmente contrastanti da creare intorno alla sua figura una serie di enigmi di cui nemmeno la Sfinge detiene le risposte. Lo spagnolo è il rinato che a Parigi ha oscurato il precedente record di Bjorn Borg per arrivare a battere persino sé stesso, per poi ribattersi ancora, è il guerriero che ha saputo risollevarsi svariate volte da morte certa con l’umiltà che caratterizza i cavalieri valorosi e per questo appare inestimabilmente bello.

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Ivan Lendl e l’insostenibile ricerca della perfezione

La leggenda vuole che Olga Lendlova, ex tennista professionista diventata maestra, andasse tutti i giorni in campo insieme al figlio di tre anni e che, per evitare un’eventuale smarrimento, fosse solita legarlo a un paletto della rete. «Ubbidienza» e «Disciplina», sono le prime parole che quel bambino, Ivan Lendl associa al tennis. Prigioniero del tennis e della sua predestinazione, Ivan ha intrapreso il suo cammino mantenendosi coerente con e nelle proprie ossessioni: vincere e diventare il migliore tennista del mondo. Non si è mai permesso di sognare, nella sua vita c’è sempre stato posto solo per il duro lavoro, unico complice capace di sostenerlo affinché potesse raggiungere una schiera di obiettivi, sempre più numerosi, sempre più elevati.

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Roland Garros, ascesa e caduta dei regimi di Borg, Lendl e Wilander

La leggenda di Bjorn Borg prende vita il 16 giugno del 1974 quando, appena diciottenne, si impone sullo spagnolo Manuel Orantes e conquista il suo primo titolo al Roland Garros. Se si esclude la mancata partecipazione allo Slam parigino nel 1977, perché divenuto membro dell’Associazione “Tennis Team” all’epoca in polemica con la Federazione; lo svedese perde al Roland Garros solo due match nell’arco della sua folgorante carriera: nel 1973, al terzo turno, e nel 1976, ai quarti. A sconfiggerlo è sempre lo stesso uomo: Adriano Panatta. IceBorg”, un gioco di parole tra la parola iceberg ed il cognome di quel ragazzo impassibile, di poche parole, nato in una cittadina della contea di Stoccolma, Sodertalje, il 6 giungo del 1956; compare nell’albo d’oro dei French Open per sei volte; quattro delle quali consecutivamente.

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