Gli amanti, il bacio della morte di Magritte

René François Ghislain Magritte nasce il 21 novembre del 1898 a a Lessines, una piccola città a Ovest di Bruxelles. Primo nato di tre fratelli, il padre Léopold era un sarto che commerciava in tessuti, mentre la madre, Régina Bertinchamps, era una cappellaia. È il 1912 quando la famiglia si trasferisce a Châtelet, un paese tranquillo attraversato dal fiume Sambre, ritenuto dal capofamiglia il luogo ideale affinché la moglie superi i disturbi mentali che da tempo la affliggevano sfociati in un forte depressione. Leggenda, a onor del vero mai verificata, vuole che nell’autunno dello stesso anno René Magritte fosse in sella alla sua bicicletta quando vide degli uomini intenti nelle operazioni di recupero di un corpo dalle acque melmose del Sambre. Si trattava di una donna, la cui testa era rimasta avvolta nella camicia da notte. Non solo: quel corpo apparteneva alla madre che, fuggita dalla camera in cui viveva ormai segregata, aveva cercato la morte. Una visione che avrebbe ossessionato il giovane Magritte al punto da influenzarlo in tre suoi capolavori: “Storia centrale”, “Le fantasticherie del passeggiatore solitario”, e soprattutto “Gli amanti”.

Di “Gli amanti” esistono due versioni, entrambe datate 1928 e realizzate con la tecnica di olio su tela delle dimensioni di 54cm x 73cm. La prima è conservata presso la National Gallery of Australia, mentre la seconda,  donata dal collezionista privato Richard S., si trova al MoMA di New York. Quest’ultima è la versione più famosa di un tema, quello degli amanti, che ricorre spesso nella pittura di René Magritte. Esistono infatti varie rappresentazioni dipinte dal pittore belga che vedono come soggetto un uomo e una donna affiancati, con il volto scoperto, oppure con il volto coperto da lenzuoli bianchi.

Il dipinto raffigura un uomo e una donna, i volti uniti in un bacio, eppure con le teste coperte da un panno bianco che impedisce loro di vedersi e comunicare. I due lenzuoli, fonte primaria dell’inquietudine che trasmette l’opera, sono resi con un delicato uso di chiaroscuri al punto che i drappeggi presentano una consistenza leggera ma al tempo stesso asfissiante. Lo scenario  propone uno sfondo contrastato di tonalità blu e dalla cornice classicheggiante che riveste la parete rossa; nel nome di un equilibrio geometrico, plastico, in cui Magritte da vita a una correlazione angosciante tra il rosso del muro e quello del vestito della donna per rendere evidente il simbolismo del sangue e quindi della morte.

Tra le due figure quella più enigmatica è senza dubbio quella maschile: giacca scura, camicia bianca e cravatta, quasi a voler evocare un uomo anonimo, impersonale. A livello metaforico potrebbe essere il padre Léopold, schiacciato dai sensi di colpa di non essere riuscito a salvare la moglie. Non è però da escludere che potrebbe trattarsi di René stesso, in quanto pare fosse morbosamente legato alla madre, una donna ancora bellissima ma infelice, impossibile da salvare. Alcuni critici vanno oltre, indicando le due figure entrambi defunte, oppure in procinto di essere tali. 

Al di là delle molteplici interpretazioni, la riflessione verso cui conduce l’opera rispecchia la volontà dell’artista: ossia non offrire una conclusione chiara, definitiva. Non a caso, caratteristica comune nelle opere di René Magritte è l’assenza di realtà cosciente a privilegio della dimensione onirica, surrealista. A imporsi in “Gli amanti” è l’impossibilità di comunicazione tra le due figure nascoste dietro ai loro sudari che si scambiano un amore muto, prigioniero dalla morte, che è ultimo ostacolo alla vita.