La bellezza salverà il tennis?

«La bellezza salverà il mondo». L’insoluto disaccordo che da oltre cent’anni divide i saggisti nell’interpretare questo passo proveniente dal capolavoro di Fedor Dostoevskij, “L’idiota”, ha ingigantito l’ambiguità in esso celata. Questa misteriosa frase, che appare nel testo originale sotto forma di domanda e non di affermazione, scritta nella lingua del romanziere russo, lo slavo ecclesiastico, ne accresce la doppiezza in quanto il termine “Mir” in russo può significare sia mondo che pace intingendo la parola “krasotà”, bellezza, di un valore che la lega imprescindibilmente al bene, alla bontà.

Il Roland Garros ha incornato per la decima volta Rafael Nadal, il Re Sole, un eroe poliedrico spinto da una commuovente abnegazione, forgiato da un mix di talenti talmente contrastanti da creare intorno alla sua figura una serie di enigmi di cui nemmeno la Sfinge detiene le risposte. Lo spagnolo è il rinato che a Parigi ha oscurato il precedente record di Bjorn Borg per arrivare a battere persino sé stesso, per poi ribattersi ancora, è il guerriero che ha saputo risollevarsi svariate volte da morte certa con l’umiltà che caratterizza i cavalieri valorosi e per questo appare inestimabilmente bello.

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Bjorn Borg, l’innovatore venuto dal ghiaccio

Fu prima di tutto un innovatore, Bjorn Borg. Impose standard tecnico-atletici all’epoca sconosciuti, impensabili. Fu il primo a colpire la palla dal basso verso l’alto, conferendole il cosiddetto effetto in top-spin, mediante una rotazione del polso. Prima di lui nessuno aveva dedicato tanto tempo allo studio della preparazione fisica, aveva riconosciuto nel binomio velocità-resistenza un aspetto basilare nella costruzione del campione che sarebbe diventato. Senza volerlo, aprì la strada a una serie di “regolaristi” o “contro-attaccanti” destinati nel tempo a invadere il circuito affidando alla tenuta fisica e alla costanza nel palleggio insidie ancor più incisive dal tentare una conclusione vincente. Ad ogni modo, la sua apoteosi avrebbe trovato una spiegazione plausibile nella solidità mentale che giunse a delinearne ogni sua scelta di gioco, forse persino i tratti. Non solo. Lo svedese è stato il primo divo a essersi affacciato sui campi da tennis. Particolarmente attento al proprio aspetto ha lanciato il look sciamanico caratterizzato da capelli lunghi, lisci e apparentemente incolti, uniti a barba e baffi appena pronunciati. Divenuto un Dio, si scoprì mortale all’improvviso. A perderne fu il tennis, l’uomo e la storia stessa.

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Roland Garros, ascesa e caduta dei regimi di Borg, Lendl e Wilander

La leggenda di Bjorn Borg prende vita il 16 giugno del 1974 quando, appena diciottenne, si impone sullo spagnolo Manuel Orantes e conquista il suo primo titolo al Roland Garros. Se si esclude la mancata partecipazione allo Slam parigino nel 1977, perché divenuto membro dell’Associazione “Tennis Team” all’epoca in polemica con la Federazione; lo svedese perde al Roland Garros solo due match nell’arco della sua folgorante carriera: nel 1973, al terzo turno, e nel 1976, ai quarti. A sconfiggerlo è sempre lo stesso uomo: Adriano Panatta. IceBorg”, un gioco di parole tra la parola iceberg ed il cognome di quel ragazzo impassibile, di poche parole, nato in una cittadina della contea di Stoccolma, Sodertalje, il 6 giungo del 1956; compare nell’albo d’oro dei French Open per sei volte; quattro delle quali consecutivamente.

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