La bellezza salverà il tennis?
«La bellezza salverà il mondo». L’insoluto disaccordo che da oltre cent’anni divide i saggisti nell’interpretare questo passo proveniente dal capolavoro di Fedor Dostoevskij, “L’idiota”, ha ingigantito l’ambiguità in esso celata. Questa misteriosa frase, che appare nel testo originale sotto forma di domanda e non di affermazione, scritta nella lingua del romanziere russo, lo slavo ecclesiastico, ne accresce la doppiezza in quanto il termine “Mir” in russo può significare sia mondo che pace intingendo la parola “krasotà”, bellezza, di un valore che la lega imprescindibilmente al bene, alla bontà.
Il Roland Garros ha incornato per la decima volta Rafael Nadal, il Re Sole, un eroe poliedrico spinto da una commuovente abnegazione, forgiato da un mix di talenti talmente contrastanti da creare intorno alla sua figura una serie di enigmi di cui nemmeno la Sfinge detiene le risposte. Lo spagnolo è il rinato che a Parigi ha oscurato il precedente record di Bjorn Borg per arrivare a battere persino sé stesso, per poi ribattersi ancora, è il guerriero che ha saputo risollevarsi svariate volte da morte certa con l’umiltà che caratterizza i cavalieri valorosi e per questo appare inestimabilmente bello.