La quinta del sordo, cripta delle pitture nere di Goya
Nella periferia occidentale di Madrid, sulla sommità di un colle a fianco della riva destra del fiume Manzanarre, a circa trecento metri dal ponte di Segovia, vi era un’area destinata per lo più alla coltivazione di alberi da frutto. Fu all’interno di quello spazio desolato in cui nel 1795, Anselm Montañez decise di costruire una casa padronale, da lì a poco destinata a essere ribattezzata Quinta del Sordo dato che nei paesi iberici con il termine quinta sono identificate le case di campagna, quanto alla parola sordo, era risaputo che il proprietario soffrisse di sordità. Intrecci del destino vollero che tre anni prima, Francisco Goya iniziò a soffrire di una malattia mai propriamente diagnosticata, ma probabilmente dovuta a un’intossicazione da piombo contenuto contratta dal pittore perché solito inumidire i pennelli con la bocca e di conseguenza esposto a un graduale avvelenamento causato dai pigmenti presenti nei colori. Le conseguenze di quest’infermità furono devastanti: costretto a letto da una brutale paralisi, Goya fu funestato da feroci emicranie, disturbi visivi e vertigini e il suo stato di salute si fece talmente grave che si temette persino per la sua vita. Non solo, nell’arco di di un paio d’anni fu colpito da devastante sordità, dalla quale non sarebbe guarito per il resto della vita.
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