Novak Djokovic, l’androide
Quando un bambino di quattro anni trascorre interi pomeriggi a osservare alcuni manovali intenti a costruire i campi da tennis per un circolo sito proprio di fronte alla pizzeria dei genitori, dovrà pur significare qualcosa. Non solo, una volta inaugurato il club, quel marmocchio, tutti i giorni entra di soppiatto, per posizionarsi davanti alla recinzione di quei rettangoli a osservare i suoi coetanei allenarsi. Di lui si accorge Jelena Gencic, la maestra del luogo: gli chiede se vuole provare a giocare. Il giorno dopo quel bambino magrissimo e silenzioso si presenta con la madre, Dijana, la quale, insieme al marito Srdan – un ex sciatore – gestisce la pizzeria più rinomata di Kopaonik, il paesino in cui si svolge la vicenda. Il punto è che Jelena Gencic non è un’insegnante qualunque, è la scopritrice di Monica Seles, e non ha dubbi sul fatto che quel Novak non sia un bambino qualunque, quell’allievo scovato così, per caso, è un prodigio. Per questo lo allena tutti i giorni. Non solo, gli mette in mano dei libri, per poi discuterli insieme lo porta al cinema, parla di obiettivi, del futuro. Forse sa che l’avvenire è suo, perché quel bambino effettivamente non è un semplice bambino, come non è neppure un ordinario Novak. Quel bambino, è Novak Djokovic.