Los Angeles, una magia senza inizio e senza fine

Los Angeles. Nome in codice L.A. Per i sognatori, i romantici, i visionari, i poeti molto di più: la città degli angeli. Los Angeles la città senza un centro, senza una vera e propria piazza, senza un’identità definita e definibile, bensì un agglomerato di anime suddivise in una contea che sembra non finire più, perché effettivamente dici Los Angeles e ti immagini il futuro, le opportunità, il mare, il deserto, i canyon il sole e le stelle. Los Angeles dice tutto, senza dire niente. Perché Los Angeles è un sortilegio, un sogno ad occhi aperti che tanto promette e niente mantiene, o meglio, è persino disposta ad offrirti di più, a donarti di più, così, come per magia. A patto che la respiri, la comprendi, la riverisci. Fino a divenirne ostaggio.

Pensi a Los Angeles e vedi il futuro, dicevamo, ma ovviamente ha un proprio passato; il quale vede la luce nel lontano – ma non troppo – 1769, quando l’esploratore catalano Gaspar de Portolà si mise alla guida di una spedizione di fortuna tesa ad attraversare la California del sud insieme ai francescani Junipero Serra e Juan Crespi. Il fallimento della gita venne scongiurato il 31 luglio, nel momento in cui la compagnia s’imbatté in un fiume. Mentre Portolà non perse tempo battezzandolo “El Río de Nuestra Señora la Reina de Los Ángeles de Porciúncula” – in onore della festività francescana del Perdono di Assisi che si sarebbe celebrata il giorno dopo -;  il lungimirante fratel Crespi guardò oltre e considerò quel luogo ideale per costruire una missione, la Whitter Narrows, nata una manciata di anni dopo per essere poi trasferita nel 1876, causa inondazione, a San Gabriel. Le carte si rimescolarono il 4 settembre del 1781 per volontà di 45 coloni messicani, stanchi di San Gabriel e decisi a insediarsi vicino al fiume tanto apprezzato da fratel Crespi. Sorse una cittadina agricola chiamata El Pueblo de Nuestra Señora la Reina de Los Ángeles sobre El Río Porciuncula – i cui caratteri sono tuttora visibili in un quartiere denominato Olivera Street -. Importanti cambiamenti erano però dietro l’angolo e all’indipendenza del Messico dalla Spagna, raggiunta nel 1821, seguì una cruenta battaglia, quella del Rio San Gabriel, la quale sarebbe sfociata nel Trattato di Cahuenga. E fu così che il 13 gennaio 1847, la California cadde sotto il controllo statunitense.

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Los Angeles assunse lo status di città il 9 giugno del 1850, quando la sua popolazione era di appena 1.600 persone. Affinché una ferrovia raggiungesse Los Angeles i cittadini dovettero attendere il 1876, ossia undici anni dopo la nascita della Souther Pacific Transportation Company. La preoccupazione principale fu piuttosto quella di garantire un ordine, per questo nel 1853 venne fondato il primo corpo di polizia, quello dei Los Angeles Rangers, in seguito rincalzato dai Los Angeles City Guards, tanto il primo quanto il secondo formato da volontari. La LAPD, acronimo di Los Angeles Police Department – che tutt’oggi offre servizio di polizia a Los Angeles – fu fondata nel 1869, quando sei agenti vennero assunti dal capo della polizia William C. Warren. Oggi si contano più di 4000 agenti di pattuglia, rinforzati dal Los Angeles Sheriff’s Department, che copre l’intera contea di Los Angeles.

Ad ogni modo, fino all’alba del XX secolo Los Angeles rimase una piccola città di frontiera che ebbe il suo trampolino di lancio nel 1892, grazie al petrolio. Nell’arco di due decenni Los Angeles avrebbe fornito un quarto del petrolio consumato al mondo, ma ancor più basilare  per lo sviluppo cittadino fu l’acqua. Ciò, grazie a William Mulholland, che nel 1913 completò l’acquedotto di Los Angeles offrendo un servizio talmente apprezzato da meritarsi l’intestazione di una delle strade più panoramiche di Los Angeles; la Mulholland Drive.

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Il “capitolo storia” di Los Angeles racchiude anche due Olimpiadi – nel 1930 e nel 1934 -; i 16 titoli NBA dei Los Angeles Lakers; i 24 successi nella League dei Dodgers; la controversa “Battaglia di Los Angeles” – che prende il nome dall’allarme causato da un presunto attacco aereo nemico, nipponico, e la conseguente risposta dell’artiglieria contraerea yankee, nella notte fra il 24 e il 25 febbraio 1942 – la “Rivolta di Los Angeles” che tra l’aprile e il maggio del 1992 provocò la morte di 52 civili; innescatasi in seguito al pestaggio da parte di diversi agenti di un afroamericano, tale Rodney King – reo di non essersi fermato all’alt della polizia dando inizio a un rocambolesco inseguimento conclusosi in un linciaggio ripreso da un videoamatore -; e le quotidiane scosse di terremoto – il 5 luglio 2019 è stata registrata una scossa di magnitudo 7,1 – conseguenza della nota faglia di Sant’Andrea che si estende per circa 1.200 km attraverso la California, tra la placca nordamericana e la placca pacifica

Archiviato l’implausibile Big One – ovvero il (non) atteso terremoto di enormi proporzioni che provocherebbe la spaccatura della California dal continente americano -; ci concediamo un’infarinatura sull’ottantina di distretti e comunità che compongono Los Angeles – di cui citiamo Downtown Los Angeles, East Los Angeles, West Hollywood, Wilshire, la San Fernando Valley, Venice, Bel Air, Silver Lake, Westwood, Calabasas, North Hollywood, Los Feliz e Laurel Canyon – oltre ad alcune municipalità autonome comunemente associate alla metropoli come Long Beach, Santa Monica, West Hollywood, Pasadena, Beverly Hills e Malibù.

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Da non perdere la splendida passeggiata sulla pedonale che unisce Santa Monica a Venice

Se erroneamente, si agglomera a Los Angeles il parco di Disneyland, che in realtà ha sede ad Anaheim, nella confinante Contea di Orange, quando si parla di Hollywood si entra nel cuore della città degli angeli, essendo, dati alla mano, la capitale mondiale dell’industria cinematografica. Ne sono prova inconfutabile gli studi della Universal e della Paramount, per gli addetti ai lavori, ma paradossalmente ancor più la Hollywood Boulevard, dimora della Hollywood Walk fo Fame, sui cui due marciapiedi sono incastonate 2628 stelle a cinque punte su cui sono incisi i nomi di celebrità onorate per il loro contributo al mondo dello spettacolo: dall’industria cinematografica a quella televisiva, dalla discografica alla radiofonica, per arrivare alle “maschere” della tragedia e della commedia, per il contributo al teatro. Chi è disposto a desistere dallo scovare la stella dedicata alla propria star del cuore e ad alzare il nasino si accorgerà dell’atmosfera pittoresca che avvolge la Hollywood Boulevard: artisti da strada, musicisti mancati, falliti o ignorati che propongono i propri cd al simbolico prezzo di 2 dollari, incantatori di serpenti, personaggi della Marvel a disposizione per una foto ricordo, oltre a una moltitudine di soggetti di ogni etnia o religione, immancabilmente con un bicchiere contenente qualche bibita in mano, che incroci, superi o ti supera, fiancheggi e non di rado ti strizza l’occhio, facendoti sentire qualcosa di più di uno straniero. 

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Alba sulla Hollywood Boulevard

Tappe classiche in quel di Los Angeles possono essere considerate un ticket d’ingresso per ammirare gli impianti del Dodger Stadium e del Los Angeles Memorial Coliseum; una sbirciata alle Watts Towers – costruite tra il 1921 e il 1954 da un immigrato italiano di nome Simon Rodia nel suo tempo libero con barre di acciaio ricoperte di vario materiale decorativo come porcellana, conchiglie, pezzi di bottiglie e altro materiale di recupero -; una capatina alla Cattedrale di Nostra Signora degli Angeli – principale luogo di culto cattolico della città -; una visita alla maestosa Walt Disney Concert Hall -; e perché no, un pellegrinaggio alla ricerca dell’ultima dimora delle star che furono al Westwood Village Memorial Park Cemetery – dove sono sepolti tra gli altri Marilyn Monroe, Ray Bradbury, John Cassavates, Burt Lancaster e Billy Wilder -, al Hollywood Forever Cementary – dove riposa Rodolfo Valentino   o al Forest Lawn Memorial Park – in cui hanno trovato pace Elizabeth Taylor, Michael Jackson, George Cukor, Walt Disney e Clarke Gable -.

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Il Getty Museum

Irrimediabilmente destinata a essere “divorata” dall’imponente aeroporto LAX è la Los Angeles Union Station – principale stazione ferroviaria che serve anche tre delle sei linee metropolitane a disposizione della città -; mentre per gli amanti dell’arte ha senza dubbio una sua dignità il Getty Museum, sito sulle colline LosAngeline, tra giardini, fontane e viste panoramiche mozzafiato in cui è possibile ammirare gli Iris di Van Gogh, il Velo di Veronica di Correggio, Sunrise di Claude Monet, il Ratto di Europa di Rembrandt, ma anche un Manet, un Tiziano, un Canaletto, un Millet, un Rubens, un Masaccio e un Van Dyck. Se pure il Getty è da considerarsi una meta obbligatoria – ma va menzionata la modernissima e particolarissima “Gabba Gallery” -, sarebbe un sacrilegio disdegnare la più effimera Rodeo Drive – con le sue luccicanti vetrine di Chanel, Cartier, Versace, Louis Vuitton, Fendi, Valentino, Tom Ford, e chi più ne ha più ne metta, compresa una galleria d’arte che vende pezzi di Picasso, Mirò e Dalì -, così come può essere un buon diversivo addentrarsi di tanto in tanto nella Downtown, dove al di la del Municipio – costruito nel 1928 per divenire la struttura più alta della città fino al 1964 quando sono state abrogate le restrizioni di altezza – si stagliano tre grattacieli – chiamati Elleven, Luma e Evo -, tre torri e una miriade di teatri, alcuni in uso e altri dismessi, tra cui spicca il leggendario Ace Hotel il quale contiene lo storico United Artist Theater. 

Los Angeles si estende tra il mare e i monti, pardon i canyon. Fuori mano è Malibù, ma per chi vive a Los Angeles non può non rientrare tra i “non plus ultra” la passeggiata da Santa Monica – che ha il suo punto di forza nel molo caratterizzato da un vivace luna park, una miriade di negozietti, una giostra e nel gettonatissimo ristorante Bubba Gump com tanto di panchina dedicata a Forrest Gump – alla coloratissima Venice – popolata da una comunità eterogenea dove si mescolano giocatori di hockey a rotelle, skaters, artisti di strada, palestre aperte dove poter sfoggiare addominali e bicipiti e seguaci di filosofie orientali che al tramonto meditano rivolti a quella spiaggia che, dalla pista pedonale pare essere infinita.

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Il Bubba Gump, ristorante dedicato al film “Forrest Gump” sul Pier di Santa Monica

Per chi vuole godere di una spettacolare vista su Los Angeles, deve sottolineare sulla propria guida l’Osservatorio Griffith, il quale offre molto di più di un planetario o della statua in bronzo dedicata a James Dean ed eretta sul piazzale: da lì si dirama infatti il Griffith Park, contenuto in un’aerea di 17 km² e donato nel 1896 alla città dal colonnello Griffith J. Griffith che, nel suo testamento, donò anche i fondi necessari per costruire l’Osservatorio stesso. Ben più selvaggio del quasi interamente asfaltato Runyon Canyon Park, tra i sentieri sterrati del Griffith Park si respira una Los Angeles primitiva, a tratti sgarbata, ma sempre mozzafiato. Per quanto i cacciatori di selfie ambiscano a immortalarsi con la scritta “Hollywood” il più vicino possibile alle loro spalle; Griffith Park è tante cose, ma nulla di esse ha a che vedere con il glamour. A Griffith Park comanda la natura. Per questo è possibile imbattersi in coyote o in serpenti a sonagli, non è raro leggere di audaci avventurieri scivolati in dirupi o di deboli di cuore che hanno perso la vita, lassù, ai margini di una Los Angeles aspra e anticonvenzionale.

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Echo Park, un piccolo paradiso che potete trovare nel quartiere di Silver Lake

Irrinunciabile è infine rilassarsi un pomeriggio ad Echo Park, il cui lago – abitato da tartarughe, pesci e una notevole varietà di papere – è nei mesi estivi aggraziato da una distesa di fiori di loto. Un piccolo paradiso avvolto in un quartiere, Silver Lake, ricco di hipster, murales, librerie indipendenti, caffetterie, negozi di vinili e di abbigliamento vintage.

Qualche nota senza impegno. Quartieri da viverci? Los Feliz e Silver Lake. Il motivo è semplice: entrambi hanno quel “non so che” che una Beverly Hills si sogna. Un locale su tutti? Il Viper Room. E non per la tragica scomparsa di River Phonix o in quanto gestivo dallo splendido Johnny Depp. Ristoranti consigliati? Se volete mangiare italiano, per i più sofisticati Madeo, mentre chi vuole unire qualità a quantità (e prezzo)  Palermo; per chi ama il giapponese Nobu – anche se in questo caso il prezzo non è dalla parte del consumatore -, per i più raffinati  senza dubbio Kismet, ma guai a non fare qualche capatina in un punto della catena del “Pollo Loco” o di Jonny Rockets – panini giganti e patatine con bacon deliziose -, per non parlare di una qualsiasi “baracchina o ristorante” messicano: vi serviranno Tacos e Burritos che non dimenticherete.  Un bar su tutti? Maru. Croissant, plumcake, biscotti, torte, matcha latte da guinness e caffè quanto mai simile a quello dello stivale; ma anche cordialità e un tocco glamour nonostante l’arredamento spoglio e ultra essenziale, perché frequentato da “divi e dive” che non ti aspetteresti mai. 

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Los Feliz, uno dei quartieri migliori “da viverci”

Doveroso è infine sottolineare un aspetto triste: è sconvolgente il numero di senzatetto in cui ci si imbatte a Los Angeles. I più sono pazzi o ex tossici diventati pazzi, o forse gente diventata pazza per strada. Parlano con sé stessi, fanno a pugni con qualcuno che non c’è, una volta ho visto un ragazzo che abbaiava. Alcuni si capisce che un tempo erano persone inserite e viene da chiedersi cosa gli sia capitato per ridursi così, o per aver scelto di ridursi così.

La mia sensazione, è che a Los Angeles basti un niente per ritrovarsi soli. Non soli come si può rimanere in Italia, o in Europa in generale, veramente soli. Quella solitudine che non risparmia tanto i poveri quanto i ricchi. Penso che dietro la facciata di ottimismo, tutti abbiano in comune qualcosa di terribilmente oscuro e inconfessabile: la paura. Non paura del terrorismo, o degli squilibrati armati, o dei muri, o del terremoto, che a Los Angeles un pochino si fa sentire tutti i giorni, paura di diventare poveri, di cadere nel dimenticatoio, di perdere i pochi affetti sinceri, di svegliarsi una mattina spezzati. Eppure è il paese più straordinario del mondo e Los Angeles, nonostante i suoi contrasti destabilizzanti, è una città magica, senza un vero inizio e senza una vera fine.

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2 comments

  1. Patrizia Danti

    Bellissimo racconto mi sono trovata a LA con una guida meravigliosa ed esaustiva come Samantha.Grazie.

    1. samanthacasella

      Grazie a te per le belle parole!

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