Henri Cochet, il primo moschettiere

È osservando giocare i soci del Tennis Lyon che un ragazzino di nemmeno dieci anni di nome Henri entra in contatto con il nobil gioco, disciplina sportiva che nel momento in cui impugnerà a sua volta una racchetta, sarà destinata a trasfigurarsi in qualcosa di diverso, di più armonioso, di più regale. E dire che di sangue blu nelle vene di Henri non ne scorre nemmeno una goccia. Figlio del custode del Tennis ClubHenri è mingherlino, non perde occasione di offrirsi volontario per fare da raccattapalle ai ricchi frequentatori, ed apre bocca solo per domandare ai pochi che gli danno confidenza se gli va di scambiare qualche palla con lui ogni qualvolta i campi sono liberi. Che Henri celi in se qualcosa di abbagliante se ne accorge presto il presidente del circolo, tale Couzon, il quale gli impartisce le prime vere e proprie lezioni per quindi diventarne il mecenate. Agli occhi dei più un’opportunità simile sarebbe stata accolta come l’avverarsi di un sogno. Non per i genitori di Henri che esternano a Couzon la propria riconoscenza, ma a cui chiedono anche una cortesia più pratica: che affidi un piccolo incarico al figlio all’interno della seteria di cui è proprietario . Seppure un impegno lavorativo, per quanto part time, impedisca ad Henri di allenarsi come dovrebbe, Couzon non si oppone; se da una parte nutre un forte rispetto per la famiglia del suo pupillo, dall’altra è persuaso che Henri possegga un talento capace di compensare le ore che la seteria gli avrebbe irrimediabilmente sottratto al tennis.

Nato a Villeurbanne, un comune limitrofo a Lione, il 14 dicembre 1901, devono passare ventuno anni perché l’intera Francia rimanga abbagliata da quel moschettiere alto appena un metro e 68 centimetri, dal carattere schivo e i modi apparentemente scostanti; un atteggiamento che lo accompagnerà anche quando diventerà celebre in tutto il mondo come Henri Cochet. All’apparenza svogliato, Cochet destabilizza pubblico e avversari apprestandosi, sin dai primi anni della sua carriera, in fantomatiche rimonte. A primo impatto fautore di un «tennis estroso, ma troppo leggero», è con il «braccio e le improvvisazioni» che Cochet rimedia a qualsiasi mancanza a lui imputata: impensabili giocate in controbalzo, improvvise discese a rete, un colpo d’occhio infallibile nell’intercettare i passanti dei rivali.

È nel 1922 che Henri Cochet si affaccia sul panorama amatoriale e, come pronosticato da Couzon, inizia a vincere ogni possibile competizione in vigore. A febbraio si impone al Covered Court Championships a Saint Moritz in Svizzera, dove sconfigge in cinque set Jean Borotra. Ai prestigiosi Championships disputati a Bruxelles, Cochet sigla addirittura una tripletta aggiudicandosi il torneo di singolare contro Manuel de Gomar, il doppio maschile in coppia con Borotra ed il doppio misto insieme alla divine Suzanne Lenglen. Il successo ai Campionati di Francia è quindi seguito dal debutto in Coppa Davis con a fianco Jean Borotra, in attesa che l’anno successivo si affianchino loro René Lacoste e Jacques Brugnon. Il primo grande riconoscimento a livello internazionale è rappresentato da due medaglie d’argento che Henri Cochet si mette al collo in occasione dei Giochi Olimpici di Parigi. Allo Stadio Olimpico Yves-du-Manoir Cochet cede nella finale di singolare a Vinnie Richards, mentre in doppio sarà sempre lo statunitense, in coppia con Francis Hunterm a negare l’oro a Cochet e Borotra.

Pratici come sempre, i genitori di Henri gli suggerirono di cavalcare l’onda della notorietà aprendo un negozio di articoli sportivi e di fatto garantendosi un lavoro anche quando la sua carriera sarebbe giunta al capolinea. Ubbidiente, Henri segue il consiglio, ma ciò lo distoglie dagli allenamenti e nemmeno la sua immensa classe può evitare che  i connazionali René Lacoste e Jean Borotra lo surclassino praticamente in qualsiasi torneo. Alcuni sostengono che siano state le due finali perse contro gli Stati Uniti di Bill Tilden nel 1925 e nel 1926 a motivare Henri Cochet, a convincerlo a concentrarsi esclusivamente sul tennis. In realtà già dal giugno del 1926, Henri aveva messa in chiaro ai Campionati Internazionali di Francia chi fosse il più forte spodestando René Lacoste con un inequivocabile 6-2 6-4 6-3. Il titolo a Wimbledon, afferrato nel luglio del 1927 ai danni di Borotra dopo avergli rimontato due set, avrebbe quindi fatto da apripista alla Coppa Davis, conquistata a Filadelfia, dove ad uscire con la testa china dal Germantown Cricket Club sarebbero stati i padroni di casa. Se Henri viene fermato da Bill Tilden, Lacoste garantisce l’1-1 alla Francia, che il giorno dopo subisce un umiliante 6-0 al quinto set nel doppio. Nella terza giornata è René Lacoste a permettere a Cochet di portare nelle casse francesi il punto decisivo, approfittando di un affaticato Tilden. Sul 2-2 Henri affonda quindi Johnson e gli Stati Uniti, permettendo alla stampa di casa di coniare per i loro eroi il soprannome di Quattro Moschettieri.

Sulle ali dell’entusiasmo a Parigi viene addirittura costruito uno stadio nuovo, intitolato all’aviatore della prima guerra mondiale Roland Garros, Philippe Chatrier. Un centrale in cui Henri Cochet, dopo la vittoria conseguita nel 1926, alzerà le braccia al cielo nel 1928, nel 1930 e nel 1932. Nel 1928 Henri Cochet si dimostra imbattibile anche agli U.S Open, dove sconfigge Francis Hunter, mentre nel 1929 compie il bis a Wimbledon, dove dopo aver domato Bill Tilden, si sbarazza per l’ennesima volta di Jean Borotra. Sono anni magici per Henri, che si conferma in più circostanze un eccezionale doppista. Il duo Cochet-Brugnon svetta a Wimbledon nel 1926 e nel 1928, al Roland Garros nel 1927, nel 1930 e nel 1932. Nella specialità di doppio misto si assicura l’U.S Open nel 1927 ed il Roland Garros nel 1928 e nel 1929 in coppia con Elleen Bennett Whittingstall. A consacrare Henri Cochet sono ovviamente le sei Coppa Davis consecutive, centrare dai Quattro Moschettieri dal 1927 al 1932; quattro a spese degli Stati Uniti di Tilden (epica la vittoria di Henri su “Big Bill” nel 1928) ed Ellsworth Vines e una della Gran Bretagna di Fred Perry.

Con il tramonto della dittatura francese in Coppa Davis ha termine anche il regno di Henri Cochet. Ritiratosi dall’attività agonistica, Henri ha continuato a tenersi impegnato tra mille e più interessi. Sorprendentemente persino il regime comunista si apre al suo cospetto tanto che nel 1936 diventa direttore tecnico di una scuola di tennis a Mosca. Per quanto lo Stato sovietico consentì a promettenti allievi quali Eugene Korbut, Nikolai Ozerov,  Antonina Nifontova e Vera Filippova niente più che sporadiche partecipazioni nei tornei internazionali, non ci sarebbe da sorprendersi se ad impiantare nella scuola russa il concetto di perseguire la perfezione tecnica fosse stato proprio Cochet. L’ennesimo contributo al mondo del tennis da parte di un bambino dalle umili origini destinato a diventare Moschettiere di Francia, e ad incantare le platee di tutto il mondo grazie al suo tennis aggraziato ma al tempo stesso ardito e regale; perché come scrisse la giornalista modaiola per eccellenza degli anni ‘20: «Ci sono più di cinquanta re e regine sul pianeta, ma c’è una sola Suzanne Lenglen e un solo Henri Cochet».

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