L’ingrediente segreto di Angelique Kerber

Chissà come l’avrà presa Slawomik Kerber quando, compiuti dodici anni, la figlia Angelique era indecisa se concentrarsi sul tennis o sul nuoto, sport quest’ultimo, nel quale dimostrava uno spiccato talento. Di certo il signor Kerber, ex tennista, che ha iniziato la figlia sui campi in terra rossa di un Circolo di Brema quando aveva solo tre anni, deve aver tirato un bel sospirone di sollievo quando Angie ha optato per le orme paterne. Non è da escludere che tra i motivi che spinsero Slawomik Kerber a emigrare dalla Polonia alla Germania, ci fosse in primo luogo quello di consentire alla sua erede di nascere in un Paese dove il tennis stava eguagliando in popolarità crauti e salsicce; di sicuro non gli era sfuggito che seppure Angelique Kerber non poteva essere considerata un purosangue della racchetta, celava in se’ quel fuoco capace di bruciare qualsiasi limite tecnico cucitole addosso da madre natura.

È il 2003 quando appena quindicenne Angelique Kerber vince i Campionati tedeschi juniores; per poi sconfiggere la prima top 100 in carriera, Marion Bartoli, e chiudere la stagione al 433esimo posto della classifica mondiale. L’anno successivo vince il suo primo torneo ITF a Opole, ma per sfondare il muro delle top 100 le occorreranno altri due anni che impiegherà attraversando il pianeta in lungo e in largo, arrabattandosi tra qualificazioni e tornei minori. Angie deve attendere il 2008 per aggiudicarsi il primo match in un torneo del Grande Slam, all’Australian Open, ma nonostante i trionfi agli ITF di Madrid e Saint Raphael, la classifica non decolla. La tedesca fa il suo ingresso tra le top 50 solo nel luglio 2010, grazie al terzo turno raggiunto a Wimbledon. Il salto di qualità lo aveva però compiuto a Melbourne quando, dopo aver superato le qualificazioni, interrompe la sua corsa al terzo turno contro Svetlana Kuznetsova. Risultati che non riesce a confermare a inizio 2011, quasi a dimostrare che l’opinione di chi non la riteneva competitiva ad altissimo livello fosse esatta. Poi, a luglio decide di recarsi ad Offenbach, all’Accademia Schuttler-Waske e all’US Open si presenta in una forma strepitosa tanto da mettere i piedi in semifinale dove si arrende alla futura vincitrice, Samantha Stosur.

MELBOURNE, AUSTRALIA – JANUARY 18: Angelique Kerber of Germany plays a forehand in her second round match against Carina Witthoeft of Germany on day three of the 2017 Australian Open at Melbourne Park on January 18, 2017 in Melbourne, Australia. (Photo by Scott Barbour/Getty Images)

Pur affacciandosi tra le prime 30, la diffidenza verso le sue reali capacità rimane comunque inalterata. Dopo aver perso in semifinale ad Aukland contro Flavia Pennetta in meno di un’ora e agli ottavi dell’Australian Open  contro Ekaterina Makarova – destinata a trasfigurarsi a fasi alterne in una vera e propria bestia nera -; Angelique riparte a testa bassa e il 12 febbraio 2012 vince il suo primo titolo WTA, l’Open GDF Suez di Parigi, dove sconfigge in finale con il punteggio di 7-6 5-7 6-3 la beniamina di casa, Marion Bartoli. Questo successo la issa a ridosso delle top 20 e, mentre la classifica cala, la fiducia cresce. Se ad Indian Welles sconfigge la sua prima top 10, la cinese Na Li, per poi perdere in semifinale a Victoria Azarenka; a Copenaghen veste i panni della guastafeste prevalendo sulla beniamina di casa Caroline Wosniacki. A fine maggio Angelique Kerber entra in top 10 ma, quando al Roland Garros perde ai quarti contro Sara Errani, in molti continuano a storcere il naso. Straordinario si rivela invece il suo Wimbledon: agli ottavi pone fine alla carriera su erba di Kim Clijsters, ai quarti prevale sulla connazionale Sabine Lisicki al termine di una battaglia-maratona carica di colpi di scena, per infine arrendersi in semifinale contro Agnieszka Radwanska. A Cincinnati, nonostante lo stop in finale con Li Na, si toglie la soddisfazione di battere Serena Williams. Le va peggio a New York dove, reduce da un emozionante match serale in cui ha la meglio su una rediviva Venus Williams, si fa irretire dalla Errani. La partecipazione al Master e l’aver chiuso il 2012 come n.5 del mondo, coronano una stagione strepitosa.

Non che il 2013 sia stato da meno: ottavi all’Australian Open, al Roland Garros e all’US Open, semifinale a Indian Wells e Stoccarda, finale a Monterrey e Tokyo, terzo sigillo in un evento WTA in quel di Linz, e seconda partecipazione consecutiva al Master. Qualche rammarico semmai lo porta con se’ l’annata 2014 dove partecipa a quattro finali, perdendole tutte, a Sydney contro Tsvetana Pironkova, a Doha contro Simona Halep, a Eastbourne contro Madison Keys e a Stanford contro Serena Williams. Qualcosa di più poteva forse anche racimolare negli slam dove agli ottavi del Roland Garros e ai quarti di Wimbledon non trova le contromisure a Eugenie Bouchard, agli ottavi di Melbourne sbatte nella Pennetta e al terzo round dell’US Open si fa sorprendere da Belinda Bencic.

Alla faccia di chi era arrivato a giudicarla una sorta di “troglodita della racchetta”; la svolta di Angelique Kerber avviene nel 2015. Dopo una campagna aussie amara, culminata con la sconfitta al primo turno contro Irina-Camelia Begu; la tedesca sboccia sulla terra verde di Charleston dove si prende una gustosa rivincita sulla Keys. Grandi emozioni porterà con sé il Porsche Tennis Grand Prix dove, battuta la triplice campionessa in carica Maria Sharapova, fa fuori anche Makarova, Brengle ed in finale espone il cartellino rosso a Caroline Wozniacki fissando il tabellone sul 3-6 6-1 7-5. Seppure la terra di Parigi non si dimostrerà dolce quanto quella di Stoccarda in quanto Angie cede al terzo giro alla futura reginetta Garbine Muguruza; le vittorie sull’erba di Birmingham e sul cemento di Stanford, sempre ai danni di Karolina Pliskova – compenseranno gli incagli rappresentati dalla finale di Hong Kong – in cui si fa schiacciare da una Jelena Jankovic in gran spolvero – e soprattutto dei terzi turni negli slam di Wimbledon e New York, seppure a uscire a testa altra sarebbero state avversarie quali Muguruza e Azarenka.

Il 30 gennaio 2016, contro tutti i pronostici, Angelique Kerber sconfigge Serena Williams e trionfa all’Australian Open

Il gap che separa Angelique Kerber dall’Olimpo del tennis viene colmato il 30 gennaio 2016 quando, dopo aver annullato un match point a Misaki Doi nel primo turno dell’Australian Open si lascia alle spalle Dulgheru, Brengle, Beck, Azarenka, Konta, nonché la n.1 del mondo Serena Williams, battuta 6-4 3-6 6-4, per così riporre in bacheca il suo primo titolo del Grande Slam. Il frastuono che comporta la consapevolezza di essere entrata nella storia implica una serie di mesi complessi per Angie che si riprende tra Miami e Charleston, dove disputa due semifinali in cui viene fermata dalla futura vincitrice della manifestazione. Di spessore è certamente il bis che firma a Stoccarda, dove in finale prevale sulla connazionale Siegemund, ma grama si rivelerà la restante stagione su terra dove non impugna un solo match tra Madrid, Roma e Parigi. Per quanto la finale raggiunta a Wimbledon, dove poco ha potuto contro Serena Williams, può essere considerata di per sé un risultato grandioso, una piccola macchia estiva ha probabilmente scalfito l’orgoglio di Angelique Kerber che, giunta in finale ai Giochi Olimpici di Rio con Monica Puig al di là della rete, si è dovuta accontentare della medaglia d’argento. Il meglio però era dietro l’angolo ed i giorni compresi tra il 10 settembre 2016 – data in cui Angelique Kerber conquista il suo secondo titolo del Grande Slam all’US Open – ed il 12 settembre 2016 – in cui anche il computer la riconosce n.1 del mondo – rappresentano l’apice della carriera di quella tedesca che è riuscita a farsi largo tra tenniste potenti supportate da fisici statuari, maratonete instancabili o fuoriclasse dal braccio d’oro.

La mole di energie fisiche e mentali spese da Angelique per tagliare simili traguardi sono impossibili da quantificare. Inevitabili saranno infatti tanto un calo di tensione, quanto una poderosa flessione di risultati. La finale stancamente raggiunta e persa al Master 2016 contro Dominika Cibulkova, più che una chiusa si è infatti rivelata l’apripista di un 2017 a dir poco ostico in cui Angie ha annaspato sin da Melbourne – dove agli ottavi cozza in Coco Vandeweghe – per arrivare agli infernali primi round del Roland Garros e dell’US Open con appena quattro game catturati in Francia con la Makarova e negli USA con Naomi Osaka.

Precipitata oltre la top 20, ormai trentenne, senza avere più nulla da dimostrare a nessuno, Angelique Kerber non si è comunque rassegnata anzi, ha tassativamente deciso di riassemblarsi. Per farlo doveva voltare pagina ed il primo passo consisteva nel separarsi dal coach che l’ha accompagnata fino alla vetta, quel Torben Beltz a cui Angelique ha sempre dimostrato una riconoscenza assoluta, per far spazio a Wim Fissette, un uomo abituato a nuove sfide, ma soprattutto predisposto a vincerle. Non a caso il primo mese del 2018 – conclusosi con l’11 sigillo WTA a Brisbane e la semifinale allo slam di Melbourne – ha restituito al circuito una Kerber capace di tornare a ricoprire il ruolo che le compete, quello di campionessa temibile, inarrendevole e soprattuto in grado di vincere senza ancora riuscire a portare in campo il suo miglior tennis. Una forma pazientemente inseguita, costruita, plasmata da una serie di quarti di finale diramati tra Doha, Indian Wells, Miami, Roma e il Roland Garros e due semifinali palpate a Dubai e Eastborune, finché, il 14 luglio 2018, Angelique ha seminato l’ennesimo capolavoro sull’erba di Wimbledon dove in finale ha sbarrato la strada a Serena Williams con un duplice 6-3

Il 10 settembre 2016 Angelique Kerber si incorona regina di Ne York e diventa la 22esima n.1 del mondo della WTA

Ma in definitiva, cos’é il miglior tennis di Angelique Kerber? Ha già ottenuto il massimo dal suo potenziale? Forse troppo? O meglio ancora, siamo così certi di aver capito in cosa consista, quale sia, la chiave del successo della tedesca? Da dove scaturisca quello scarto, quel piccolo salto di qualità che la può far decollare o al contrario schiantare al suolo?

Tatticamente Angelique Kerber è una giocatrice difficile da definire. Se da una parte è innegabile la sua abilità nell’individuare il punto debole dell’avversaria di turno, per poi iniziare a macinare i suoi schemi nel tentativo di ingigantirlo sempre più; d’altro canto salta all’occhio la tendenza ad attendere l’errore altrui quando in palio c’è un punto che conta particolarmente, per poi rischiare il tutto per tutto se il match sembra esserle sfuggito di mano, trovando la forza di riaprirlo e di rimettere tutto in discussione. Forse per questo, nel suo tennis la tattica e l’approccio mentale sembrano quasi essere un tutt’uno: e così quando vince ne esce una tennista eccellente, capace di battere chiunque, mentre quando perde autorizza i cori degli addetti ai lavori a rigettarla nel purgatorio tra le giocatrici di una fascia inferiore.

Tesi quest’ultima non certo difficile da sostenere se si analizza la Kerber sotto il profilo tecnico: spesse volte la pallina sembra quasi accartocciarsi sulle corde, in un impatto che all’occhio non può che risultare sgradevole, per poi dar vita ad una traiettoria che taglia la metà campo dell’avversaria, generando un rimbalzo velenoso proprio perché sporco. E riguardo all’indiscutibile mobilità è altrettanto innegabile che la sua non è una corsa leggera, anzi, spesso sembra annaspare nei recuperi, prima di colpire la pallina con l’ennesima badilata.

Eppure, per quanto possa apparire contraddittorio, come non considerarla una giocatrice di talento? Seppure il suo sia un talento atipico, difficile da spiegare, da razionalizzare, proprio perché non risiede nella tecnica, nel “braccio”. Il talento di Angelique si cela dietro a un recupero impensabile, a un vincente dettato dall’istinto durante uno scambio estenuante, alla sua caparbietà. E quel capovolgimento di fronte, quel vincente, la trasforma per qualche secondo in una sorta di ‘Jimmy Connors in gonnella’ che, con il pugno al cielo sfoga la sua grinta urlando un «come on», non tanto a se’ stessa quanto rivolta al pubblico, come per coinvolgerlo nella sua impresa. L’impresa di affrontare le migliori giocatrici del mondo e magari, persino di batterle, partendo da un bagaglio tecnico distante anni luce da quello che possiedono le eccellenze. E questo perché, parafrasando un celebre film di animazione, non è stato un ingrediente segreto a portare Angelique Kerber tra le migliori giocatrici del mondo. È lei l’ingrediente segreto.

Il 14 luglio 2018 Angelique Kerber batte 6-3 6-3 Serena Williams nella finale di Wimbledon e conquista il suo terzo titolo del Grande Slam