Roland Garros, ascesa e caduta dei regimi di Borg, Lendl e Wilander

La leggenda di Bjorn Borg prende vita il 16 giugno del 1974 quando, appena diciottenne, si impone sullo spagnolo Manuel Orantes e conquista il suo primo titolo al Roland Garros. Se si esclude la mancata partecipazione allo Slam parigino nel 1977, perché divenuto membro dell’Associazione “Tennis Team” all’epoca in polemica con la Federazione; lo svedese perde al Roland Garros solo due match nell’arco della sua folgorante carriera: nel 1973, al terzo turno, e nel 1976, ai quarti. A sconfiggerlo è sempre lo stesso uomo: Adriano Panatta. IceBorg”, un gioco di parole tra la parola iceberg ed il cognome di quel ragazzo impassibile, di poche parole, nato in una cittadina della contea di Stoccolma, Sodertalje, il 6 giungo del 1956; compare nell’albo d’oro dei French Open per sei volte; quattro delle quali consecutivamente.

Continue reading “Roland Garros, ascesa e caduta dei regimi di Borg, Lendl e Wilander”

Quei crudeli anni ’90

È il 15 giugno del 1974 quando Chris Evert sconfigge Olga Morozova con un netto 6-1 6-2 e conquista il suo primo titolo del Grande Slam sui campi in terra battuta del Roland Garros. L’anno prima la statunitense era stata fermata dalla trentunenne Margaret Smith Court, al suo quinto titolo parigino, nonché penultimo dei suoi 24 Slam. I French Open hanno quindi immortalato un simbolico passaggio di testimone tra la prodigiosa australiana a Chris Evert che, tra il 1973 ed il 1987, ha vinto sette edizioni del Roland Garros, che probabilmente sarebbero state dieci se non avesse disertato per tre anni consecutivi, dal 1976 al 1978, ha disputato tre finali e due semifinali. I due successi consecutivi messi a segno da Steffi Graf, nel 1987 ai danni di Martina Navratilova e nel 1988 umiliando Natalia Zvereva, sembravano presagire un monologo tedesco per gli anni a venire. Fatto che è avvenuto solo in parte e, probabilmente, per forze di causa maggiore. Non solo nel 1989 Steffi Graf ha dovuto cedere il passo ad Arantxa Sanchez Vicario; nelle prime stagioni del nuovo decennio “Miss Grande Slam” ha dovuto letteralmente inchinarsi al cospetto di Monica Seles, la belva di Novi Sad, colei che sarebbe stata, avrebbe dovuto essere, la vera grande dominatrice degli anni 90’.

Continue reading “Quei crudeli anni ’90”

Gottfried von Cramm: l’uomo che disse no a Hitler

Le origini aristocratiche, alto, biondo, gli occhi azzurri, i modi raffinati che lasciavano intendere una sottile aria di superiorità mentre altro non era che sublime educazione. Gottfried von Cramm incarnava il prototipo della razza ariana, ideologia posta alla base del partito nazista, salito al potere esattamente un anno prima che il barone del tennis si imponesse all’ Open di Francia, battendo all’ultimo atto Jack Crawford con il punteggio di 6-4 7-9 3-6 7-5 6-3. Un trionfo, quello di Parigi, rafforzato dal bis conseguito due anni dopo, che lo innalzò a esempio di fierezza nazionale, eroe invincibile, impeccabile portabandiera di un movimento che faceva del delirio di onnipotenza un’arma di propaganda altrettanto potente e convincente come era pronta a dimostrarsi la forza bellica germanica. Eppure Gottfried von Cramm non aveva nulla a che vedere con tutto ciò. Non solo evitò di sostenere il partito nazista durante gli anni dell’ascesa, a mano a mano che il fanatismo aumentava von Cramm si schierò apertamente contro il regime, non risparmiandosi in frecciate sarcastiche nei confronti dei suoi gerarchi. In secondo luogo, Gottfried von Cramm era uno splendido giocatore, un campione, ma irrimediabilmente destinato a ricoprire il ruolo di “secondo”: tre finali consecutive disputate  e perse a Wimbledon, dal 1935 al 1937, un ultimo atto agli US Open andato in fumo nel 1937 e, soprattutto, la debacle durante la semifinale di Coppa Davis, sempre nel 1937, contro gli Stati Uniti. Promesse suggerite, ma non mantenute. Speranze in lui riposte, doveri a lui congiunti, non rispettati. L’errore, il “difetto” di von Cramm, risiedeva nel sentirsi e nel voler essere un uomo libero, nel rifiutarsi di entrare a far parte di un ingranaggio folle, nel non essere un vincente.

Continue reading “Gottfried von Cramm: l’uomo che disse no a Hitler”

Little Mo, l’imbattibile sconfitta dal destino

Dallas, 21 giugno 1969. È il solstizio d’estate, il giorno in cui il sole raggiunge il suo punto di declinazione massima, quando a soli 34 anni si spegne una stella che, come una cometa sfolgorante, ha attraversato il Circuito tennistico per alcune stagioni, diventando nel 1953 la prima donna, seppur poco più che un’adolescente, a realizzare il Grande Slam: Maureen Catherine Connolly Brinker. Un destino spietato ha scandito la breve vita di Maureen Connolly, nata a San Diego il 17 settembre del 1934, il cui padre, un marinaio, si è dato alla fuga quando aveva appena quattro anni. Della sua crescita se ne occupa la madre, organista della chiesa di San Diego, che riversa nell’unica figlia tutte quelle ambizioni che non è riuscita ad agguantare per se’. Maureen è ancora una bambina quando viene iniziata alla danza, al canto e al disegno; discipline che segue svogliatamente, giusto per assecondare la madre, mentre lei è animata da una sola passione: l’equitazione. Peccato solo per il costo delle lezioni sia troppo elevato da sostenere per sua madre.

Continue reading “Little Mo, l’imbattibile sconfitta dal destino”

Don Budge, l’uragano che devastò il tennis

Correva l’anno 1938 quando sul tramonto di un mite 19 settembre un’imbarcazione che viaggiava a nord-ovest di Portorico segnalò all’ufficio metereologico di Jacksonville, in Florida, la formazione di un uragano sull’Atlantico. In quei giorni a New York un ventitreenne californiano di origini scozzesi, tale Donald Budge, stava inseguendo un sogno: realizzare il Grande Slam. L’improvvisa deviazione da parte dell’uragano provocò un sospiro di sollievo negli abitanti di Miami, ma la tempesta non prese la via prevista dai metereologi, ossia verso est in pieno Oceano, ed il 21 settembre si abbatté su Long Island con onde alte fino a 12 metri, rese ancora più micidiali dal vento capace di toccare i 200 km/h. In realtà su New York pioveva già da quattro giorni che sommati alla catastrofe provocarono la sospensione degli U.S National International fino al 23 settembre. Solo allora Don Budge poté tornare a calcare i campi di una desolata Forest Hills per sconfiggere in semifinale con un triplo 6-3 il connazionale Sidney Wood. Il giorno dopo si sarebbe arreso anche il suo migliore amico, quel Gene Malko che quando vide sfilare l’ultimo 15 corse incontro al fenomeno che lo aveva battuto con il punteggio di 6-3 6-8 6-2 6-1. «Era l’unico al mondo che comprendeva veramente cosa avevo appena fatto»; avrebbe raccontato in seguito il primo uomo capace di vincere nello stesso anno Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open. Perché sì, un uragano lo era pure Don Budge.

Continue reading “Don Budge, l’uragano che devastò il tennis”

Suzanne Lenglen, la divine del tennis francese

Suzanne Lenglen, semplicemente “la divine”

Imbattibile. Anticonformista. Mondana. Viziata. Per quanto tradisse una fisicità tutt’altro che femminile e non potesse avvalersi di un viso delicato Suzanne Lenglen era la divine. Lo è ancora. Vuoi perché fortissima lo era per davvero – e per di più l’oculatezza con cui programmava le sue stagioni la spinse a negarsi a eventi che sentiva distanti dalle proprie corde – vuoi perché le sue leggiadre discese a rete parevano farla uscire da un balletto di Schömberg, vuoi perché l’indole ardente le suggerì di apportare un rimarchevole cambio di registro per quanto riguarda gli abiti severi allora in voga, Suzanne divenne una leggenda sui generis. Assoluta e inimitabile.

Continue reading “Suzanne Lenglen, semplicemente “la divine””

Doris Hart, la signora dei tris

Da bravo fratello maggiore Bud Hart ha sempre avuto a cuore la sua sorellina; ragione in più che, ad appena dieci anni le viene diagnosticata una grave osteomelite al ginocchio destro; un’infezione che colpisce sia l’apparato osseo che la cavità midollare. In famiglia imperversa la preoccupazione, tra l’altro un medico mette al corrente i genitori di come nel tempo la malattia potrebbe degenerare fino a rendere necessaria l’amputazione dell’arto. Per questo motivo mamma e papà pensano che quell’impedimento spronerà la figlia a dare il meglio di se’ riversandosi nello studio. Bud però non è dello stesso parere, ritiene che un po’ di sport, se fatto con moderazione, potrebbe farle un gran bene. E così, di nascosto dai genitori, le procura una racchetta e la porta con se’ al circolo tennis che è solito frequentare a Saint Louis. Di lì a sei mesi Doris si ristabilisce, dopo due anni inizia a batterlo con regolarità. Quella bambina, Doris Hart, sarebbe diventata una delle tenniste più vincenti tra la fine degli anni ’40 e la prima metà degli anni ’50.

Continue reading “Doris Hart, la signora dei tris”

Jaroslaw Drobny, il professore senza patria

Non fu solo l’aria da intellettuale, assunta per via di un paio di occhialini rotondi che indossava mentre era in campo, ad appiccicargli l’appellativo di “il professore”. Indubbiamente, il portamento dignitoso di Jaroslaw Drobny, quell’alone di decoro, quella solennità che mai sfociava nella supponenza, ma era semmai sinonimo di riservatezza, quel sorriso che frequentemente gli sfiorava le labbra senza mai allargarsi più del necessario; fecero di lui una figura rispettata, amata a priori. Drobny però, era tanto altro ancora. Non solo riuscì a far convivere l’eleganza del gesto con la forza nell’esecuzione. Jaroslaw Drobny era realmente uno scienziato, un matematico del tennis che ornava le sue soluzioni di improvvisazioni, di soluzioni creative, di slanci interiori, non di rado destinati a complicargli la vita e le partite. Era un umanista appassionato di tattica che si atteneva alla tecnica.

Continue reading “Jaroslaw Drobny, il professore senza patria”